di Francesco Dominoni

Nella cornice elegante della Thomas Prior Hall, a Merrion Road, Dublino, la decima edizione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo ha celebrato un incontro speciale tra tradizione agricola veneta e cultura irlandese. Chef, produttori, esperti e istituzioni hanno portato sotto i riflettori il valore delle erbe spontanee e dei prodotti d’eccellenza Italiani, con un protagonista assoluto: il radicchio di Treviso. Un evento realizzato dalla Camera di Commercio Italiana di Dublino, insieme all’Ambasciata d’Italia, all’Istituto Italiano di Cultura, a ENIT e ITA , Italian Trade Agency, che ha confermato ancora una volta quanto il Made in Italy sia amato e rispettato in Irlanda. Tra gli ospiti più attesi, Omar Lapecia, Presidente di Slow Food, voce autorevole dell’agroalimentare italiano. Il suo intervento , schietto, appassionato, diretto, ha conquistato un pubblico irlandese curioso e attento.

Com’è andata la serata?
Positivissima. Sala piena, tante domande, tantissima curiosità. Una serata davvero bella.

È la prima volta del radicchio di Treviso a Dublino?
Sì. È atterrato per la prima volta… e sono certo che metterà radici. In dialetto lo chiamiamo radicio: qui ne abbiamo già piantate un bel po’.

Come ha reagito il pubblico irlandese?
Sorprendentemente bene. Sono rimasti colpiti da quanto sia difficile coltivarlo e da quanto sia “pulito” come prodotto. Alla fine, ne sono stati conquistati.

Gli chef italiani hanno fatto la differenza?
Assolutamente sì. Hanno fatto miracoli. Sono stati bravissimi.

Questa sera il Veneto era protagonista?
Il Veneto e, soprattutto, la provincia di Treviso. Ma non solo. È stata protagonista una cultura agricola fatta di storia, fatica e qualità.

Gli irlandesi capiscono questo tipo di agricoltura?
Sì. Hanno un rapporto forte con la terra. C’è una grande curiosità verso i prodotti frutto di un’agricoltura fatta con testa e cuore.

La presenza del produttore Nicola Franchetto è stata decisiva?
Molto. È uno dei migliori produttori al mondo di radicchio. Averlo qui è stata una conquista.

Cosa significa per Slow Food essere in Irlanda?
Portare i nostri valori: custodire il pianeta, valorizzare ciò che mangiamo, raccontare il lavoro che c’è dietro ogni prodotto. E far capire che il cibo è cultura, identità, responsabilità.

Da insegnante, pensa che questo messaggio rimarrà?
Sì. Sono convinto che abbia messo radici. Quando la gente comprende il valore delle cose, il seme rimane.

Tornerà il prossimo anno?
Ho già prenotato. Assolutamente sì.