Prosegue il viaggio del Comites Irlanda alla scoperta delle storie degli italiani che hanno scelto di costruire la propria vita e la propria carriera in Irlanda. Oggi incontriamo Giacomo Maturro, fisioterapista con una lunga esperienza nel settore, recentemente promosso a un ruolo manageriale di coordinamento all’interno di una struttura sanitaria irlandese. La sua testimonianza illumina il percorso dei fisioterapisti italiani all’estero, professionisti che portano con sé una preparazione accademica solida, apprezzata e riconosciuta anche fuori dai confini nazionali.

Di Francesco Dominoni

Giacomo, da dove comincia la tua avventura irlandese?
Inizia più di vent’anni fa, quando venni la prima volta in Irlanda in vacanza. Rimasi colpito dai paesaggi e dalla gente. Tornai altre volte, sempre come turista, finché decisi di trasformare quella curiosità in un’esperienza di vita e di lavoro.

Qual è stata la tua più grande paura prima di partire?
La lingua. Temevo di non riuscire a comunicare e di non sapermi muovere fuori dalla mia comfort zone. Poi ho scoperto che tante cose sono più semplici che in Italia, a partire dalla burocrazia.

Quali sono le differenze principali per un fisioterapista che lavora in Irlanda rispetto all’Italia?
La più grande è che qui, se lavori nel pubblico, puoi esercitare anche nel privato. In Italia no: vige l’incompatibilità. In Irlanda invece un fisioterapista ospedaliero può avere anche uno studio proprio o collaborare con cliniche private.

Dal punto di vista economico, che prospettive ci sono?
Un neolaureato senza esperienza parte da circa 50.000 euro lordi all’anno. Con l’anzianità e le specializzazioni si può arrivare ai 75.000 euro, fino agli 80-90.000. Senza contare l’attività privata, che permette di integrare ulteriormente.

E in Italia quanto guadagna un fisioterapista?
Quando lavoravo nel pubblico, nel 2015, prendevo poco meno di 1.800 euro netti al mese. La differenza è evidente.

Come funziona la crescita professionale qui?
È basata sulla meritocrazia. Dopo tre anni di esperienza puoi diventare “Senior Physiotherapist”. Poi ci sono ruoli specialistici, fino al livello manageriale. Qui davvero ti danno quello che vali.

Il primo giorno di lavoro in Irlanda?
C’era tensione: lingua diversa, terminologia nuova. Ma gli irlandesi hanno un atteggiamento molto amichevole. Mi hanno aiutato subito, e in poche settimane mi ero già adattato.

Cos’hai trovato in Irlanda che in Italia ti mancava?
Opportunità. Non solo economiche, ma anche di crescita personale e professionale. Qui c’è apertura verso nuove idee e tecniche. È uno scambio reciproco: noi portiamo la solidità della nostra formazione, loro offrono spazi per crescere.

Cosa diresti a un giovane fisioterapista italiano che vuole tentare questa strada?
Che l’Irlanda è un posto eccellente dove mettersi alla prova. È Europa, vicina all’Italia, con meno barriere burocratiche e tante possibilità. Il consiglio è di superare il timore iniziale e provarci. È un’esperienza che arricchisce, anche se temporanea.

Hai cambiato più volte lavoro in Italia e poi sei partito per l’Irlanda. Quale cambiamento è stato più difficile?
Paradossalmente, quello dall’Italia all’Irlanda è stato più semplice. Mi sono trasferito con entusiasmo e ho trovato tante condizioni favorevoli. Qui la vita quotidiana è più scorrevole di quanto si pensi.

In conclusione, cosa rappresenta per te l’Irlanda oggi?
Una scelta vincente. Professionale e personale. Un Paese che mi ha accolto e che continua a darmi motivazioni per crescere.