Di Francesco Dominoni

DUBLINO – Continua il viaggio del COMITES IRLANDA alla scoperta degli Italiani in Irlanda.
Insegnante e formatrice multilingue, Alessandra Di Claudio ha costruito una carriera internazionale all’insegna dell’educazione e dello scambio interculturale. Con una laurea magistrale in Lingue Moderne e oltre vent’anni di esperienza tra Irlanda, Colombia e Europa, ha insegnato italiano, francese e inglese, coordinato programmi ESOL e di alfabetizzazione, e fondato Divertitaliano, l’associazione premiata con il European Language Label per il progetto innovativo del Playgroup Italiano.
Già Responsabile delle Relazioni Pubbliche del Com.It.Es Irlanda, oggi lavora come Adult Educator presso il Dublin and Dún Laoghaire ETB, promuovendo l’inclusione linguistica e sociale attraverso l’educazione. Parla cinque lingue e continua a essere una voce autorevole nella promozione della cultura italiana all’estero.

Come si può davvero massimizzare l’apprendimento linguistico vivendo in Irlanda, oggi l’unico paese anglofono dell’Unione Europea?

L’importante è non chiudersi nella propria cerchia linguistica. Bisogna cercare attivamente opportunità di interazione con irlandesi e stranieri, partecipare a eventi, attività culturali o corsi dove si parla solo inglese. Non serve essere perfetti: conta non avere timore di sbagliare. La lingua si impara ascoltando, osservando e parlando. L’Irlanda offre un contesto multiculturale ricchissimo, è un crocevia di nazionalità, e proprio da questa diversità nasce la possibilità di migliorare più rapidamente.

Per molti italiani la lingua è una barriera all’integrazione. Quanto è davvero importante conoscerla bene per vivere e lavorare qui?

È fondamentale. La lingua non è solo comunicazione: è partecipazione. Ti permette di affrontare momenti cruciali come una visita medica, un colloquio di lavoro, o una riunione con gli insegnanti dei figli. Senza padronanza linguistica ci si sente esclusi, mentre capire e farsi capire apre porte concrete, professionali, sociali e umane. Non si tratta solo di grammatica, ma di capire i codici culturali che stanno dietro alle parole.

Meglio vivere a Dublino o in un piccolo paese per migliorare l’inglese?

Dipende molto dall’indole personale. Nelle grandi città come Dublino c’è una ricchezza culturale straordinaria: puoi incontrare persone da ogni parte del mondo, e imparare non solo l’inglese ma anche nuove prospettive. Nei paesi più piccoli, invece, si vive un contatto più diretto con la comunità locale, ci si integra più facilmente nella vita quotidiana e si è quasi “costretti” a parlare inglese. Ma serve adattabilità: nei centri minori l’ambiente è più raccolto e richiede spirito di apertura e curiosità sincera.

Hai vissuto l’Irlanda dagli anni ’90 a oggi. Com’è cambiata?

È cambiata in modo radicale. Negli anni ’90 l’Irlanda era un paese ancora periferico, con un’economia fragile e una società molto legata alle tradizioni. Poi è arrivata la grande apertura internazionale, e con essa capitali, imprese e persone da tutto il mondo. Politiche come il tax break hanno attratto giganti multinazionali e hanno trasformato Dublino in un hub globale. Tuttavia, questo progresso ha avuto un prezzo: è cresciuto un certo individualismo. L’Irlanda di oggi è dinamica e cosmopolita, ma ha perso un po’ di quella semplicità comunitaria che la caratterizzava.

Ci sono differenze tra l’irlandese delle città e quello delle campagne?

Sì, e sono notevoli. L’irlandese dei villaggi rurali è spesso più rilassato, accogliente e disposto al dialogo, mentre nelle città il ritmo della vita è più frenetico e le relazioni sono più formali. Non è una regola assoluta, ma è una tendenza che noto spesso.

Parliamo del tuo lavoro con l’ETB: di cosa ti occupi esattamente?

Collaboro con l’Education and Training Board, un ente pubblico che gestisce corsi finanziati dall’Unione Europea. Mi occupo in particolare dei programmi ESOL (English for Speakers of Other Languages) e di alfabetizzazione, offrendo supporto linguistico e amministrativo agli studenti adulti. Il nostro obiettivo è favorire l’integrazione attraverso l’educazione: aiutiamo chi arriva in Irlanda a inserirsi, a comprendere il contesto sociale e a sviluppare competenze linguistiche utili per la vita quotidiana e il lavoro.

Uno dei tuoi progetti più noti è il Playgroup Italiano. Com’è nato e cosa lo ha reso speciale?

Il Playgroup Italiano nasce nel 2006 come iniziativa spontanea tra genitori italiani che volevano mantenere viva la lingua madre nei propri figli nati o cresciuti in Irlanda. È diventato presto un progetto strutturato, con attività educative e ludiche in italiano rivolte ai bambini e alle famiglie. Dopo qualche anno è stato riconosciuto con il European Language Label, come uno dei progetti linguistici più significativi in Irlanda. È stata una grande soddisfazione: abbiamo dimostrato che si può promuovere la lingua e la cultura italiana anche fuori dai confini nazionali, in modo giocoso e inclusivo.

Guardando indietro, cosa ti ha insegnato questo lungo percorso?

Mi ha insegnato che la lingua è un organismo vivo: cambia con noi, evolve con le persone che la parlano. E che l’insegnamento non è mai a senso unico, si impara tanto dagli studenti quanto loro da te. Lavorare in Irlanda mi ha mostrato quanto l’educazione linguistica possa essere uno strumento potente di integrazione, rispetto e libertà personale.